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LA STORIA DI LEONARDO

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LA STORIA DI LEONARDO
un dramma lungo sei mesi - racconto di Solaria Napolitano

   Questa è la storia del mio Leonardo, salito sul ponte dell'arcobaleno a 13 anni.
Nel giugno del 2017, un bravissimo veterinario, il dottor Buonmedico (i nomi sono ovviamente inventati), scopre con poche indagini sierologiche e diagnostiche che il mio cane è affetto da I.B.D. (un'infiammazione cronica dell'intestino) e che quello era il motivo della sua diarrea inarrestabile, a causa della quale aveva perso peso e liquidi corporei e rischiava l'edema polmonare e l'ascite per la copiosa perdita di proteine.

  Impostò immediatamente una terapia antibiotica, cortisonica e vitaminica mirata e una dieta iperproteica, redatta su misura per il mio cane che, dopo un mese circa, era  notevolmente migliorato, aveva rimesso peso ed era di nuovo un cane sano e felice che continuava la terapia e mangiava con appetito. Il problema fu posto quindi sotto controllo, ma il Dottor Buonmedico mi avvisò che si sarebbe potuta presentare una recrudescenza e che in tal caso si sarebbe dovuta ripetere la stessa terapia farmacologica.

chiude l'ambulatorio

  Un paio di anni dopo però il dottor Buonmedico chiuse l'ambulatorio dove solitamente visitava il mio cane e iniziò una collaborazione con diversi studi veterinari (alcuni anche molto lontani rispetto a dove era prima), con orari suddivisi nei  diversi giorni della settimana; in alternativa eseguiva visite domiciliari con orari spesso inconciliabili con il mio lavoro; inoltre io avevo sempre amato il rassicurante ambulatorio  come un luogo dove recarmi con il mio cane  quando  c'era  anche  solo  un piccolo problema, anche solo per essere rassicurata, ricevere un consiglio,  vedere  un  volto  che  potesse  dirmi "Non si preoccupi " solo guardandomi negli occhi e solo con uno sguardo al cane.
Purtroppo lavorando in ospedale come infermiera, non avendo la possibilità di guidare, con orari inconciliabili e desiderando un luogo fisico quale l’ambulatorio per portare il cane a visita, dovetti cambiare e – su suggerimento di un'amica - scelsi per il mio Leonardo una clinica veterinaria, quella più rinomata, quella che si diceva avesse un ottimo dirigente sanitario e dei medici collaboratori molto competenti.  

  Il dirigente sanitario mi accolse bene, risolse un problema di  zoppia di Leonardo prima del lockdown nella prima ondata di covid. Successivamente il cane fu preso in carico da una sua collaboratrice, la dottoressa Giovinassai, che, pur essendo evidentemente alle prime armi,  ha poi scoperto e terapizzato una cardiopatia del mio cane con ottimi risultati.

stesso problema, diversa terapia

  I guai cominciarono quando il cane ricominciò ad avere la diarrea ed io, reduce dall'esperienza del 2017,  pensai di fare buona cosa nel dire alla dottoressa Giovinassai che il dottor Buonmedico aveva detto che, alla prima recrudescenza della malattia intestinale, si sarebbe dovuto ricorrere alla terapia antibiotica e cortisonica  eseguita in precedenza.  

  No, no, mi fu detto, perché secondo la dottoressa Giovinassai (e confermatomi poi dal gastroenterologo consulente della clinica) l'antibioticoterapia è superata, non esiste più nelle nuove linee guida; il cortisone si inizia solo nei casi gravi. Insomma, dovetti pensare che il dottor Buonmedico aveva metodi un po' retrò e quindi mi apprestai con ottimismo a seguire la nuova impostazione.  

  Così abbiamo cominciato una raffica di integratori per nutrire il microbiota  intestinale, e il cambio di crocchette. Tutte misure che non hanno mai debellato la diarrea di Leonardo.  
  A quel punto, dopo alcune settimane, visto che la dott. Giovinassai non riusciva a cavare un ragno dal buco con la malattia del mio cane, è ricorsa alla consulenza del gastroenterologo. Altri integratori, perché secondo lui bisognava unicamente rinforzare il microbiota intestinale (in passato conosciuto come “flora batterica”) che, a suo dire, era stato decimato dagli anni di alimentazione con il Gastrointestinal, che il  dott. Buonmedico aveva prescritto praticamente a vita, viste le condizioni di Leonardo.

  A suo dire si era salvato solo un tipo di microbiota intestinale debole e inadatto a svolgere le funzioni cardine del sistema immunitario.  Questa trafila è durata, senza cessazione della diarrea (solo con due o tre emissioni di feci solide), da giugno circa fino alla fine con sempre nuovi integratori + dieta casalinga.  



alla fine arriva il cortisone

  A settembre, quando il cane si era anemizzato e l'albumina era scesa, si vedevano costretti  ad iniziare una terapia cortisonica, come ai tempi del dottor Buonmedico. Per via orale, però.
  La terapia non mi venne messa nero su bianco; mi vendettero direttamente il farmaco indicandomi, solo a voce, quanto e a che ora somministrarlo.  Dopo una decina di giorni la dott.ssa Giovinassai mi telefonò per chiedermi  come andava.  Le dissi che c'era stato un iniziale miglioramento ma poi la situazione stava tornando la solita.
  In effetti la situazione aveva  cominciato addirittura a peggiorare, il cane non accettava neppure più le diete casalinghe stilate per lui dal gastroenterologo, che ha continuato a farmi acquistare integratori fino a novembre.

il gastroprotettore

  Molto indicativa la vicenda di un gastroprotettore, che – solo dopo mia richiesta – mi venne prescritto dalla dottoressa Giovinassai;  mi disse che era indicato l'Omeprazolo ad uso umano,  ma che esisteva solo da 20 mg e da 40 mg e al cane serviva da 10 mg; quindi mi fece la ricetta per il preparato galenico che portai alla farmacia.  Due giorni dopo mi telefonò la farmacista, scusandosi per aver preso l'iniziativa, ma lei aveva telefonato alla clinica avvisando che il farmaco da 10 mg esiste da sempre in  ogni farmacia e costa 5 euro circa. Il Galenico equivalente mi sarebbe costato 30 euro...  

sempre peggio

  Il cane peggiorava e di mangiare non ne voleva sapere, voltava la faccia e tremava quando vedeva il cibo. Inoltre perdeva peso a vista d'occhio ma, miracolosamente, quando lo pesavano loro, sembrava aver perso ogni volta solo alcuni etti.
  Martedì 24 Novembre, allo smonto notte, andai a riprendere il cane a casa di mia madre e trovai la diarrea in tutte le stanze e il cane in catalessi, tremante, che non stava sulle zampe e non rispondeva agli stimoli pur essendo vigile. Lo portai in clinica, gli fecero un prelievo e lo ricoverarono.  Attesi un'ora e più e poi mi venne detto che il prelievo mostrava 50.000 leucociti; questo significava che era in corso un'infezione per cui iniziarono un antibiotico in vena. Mi venne anche detto che alcuni valori epatici erano alterati, probabilmente perché l'infezione aveva coinvolto anche alcuni organi contigui all'intestino. Il giorno dopo, il 25 Novembre, gli avrebbero fatto un'ecografia addominale.  
la nuova ecografia

  Il giorno dopo era di turno il gastroenterologo, il quale con espressione contrita e costernata mi disse che l'ecografia aveva meravigliato tutti, che si erano guardati in faccia sbalorditi perché era nettamente peggiorata rispetto alla precedente (come se fino ad allora lo avesse tenuto in cura qualcun altro!), mi spiegò che il fegato era ingrossato e che la cistifellea era piena di fanghi biliari.
  Mi informò che c’erano voluminosi  ispessimenti delle pareti intestinali nel tratto  del digiuno che non poteva essere indagato né endoscopicamente (perché quel tratto non si vede e poi un endoscopia, comunque, necessitava di anestesia e il cane, nelle condizioni in cui versava,  probabilmente non l’avrebbe superata), né chirurgicamente perché si rischierebbe una deiscenza degli organi per apertura della ferita e per i motivi di cui sopra. Mi informò che se, dopo un lungo trattamento con il cortisone, quegli ispessimenti fossero spariti, si sarebbe trattato solo di fenomeni dovuti alle numerose e perduranti infiammazioni. Se fossero rimasti, allora si sarebbe trattato di linfomi.
  Intanto, secondo lui il cane si era ripreso perché abbaiava, defecava feci quasi composte che, a suo dire, potevano sembrare semiliquide perché, sempre a suo dire, il cane dopo ci urinava sopra (mai fatto in vita sua...) Inoltre mi fu detto che il cane aveva iniziato a mangiucchiare.  
  Ci accordammo per la dimissione il 27 e il gastroenterologo mi propose di portarlo a casa con la cannula venosa, in modo che io potessi portarlo a fare i day hospital per la  sola terapia endovenosa, perché il cane non reggeva il ricovero H24. Gli chiesi il dischetto dell'ecografia, mi disse che mi sarebbe stato consegnato.



le dimissioni dalla clinica

  La sera del Venerdì 27 Novembre, alle 19, mi feci accompagnare da un inquilino del mio stabile a riprendere Leonardo.   Alle 19:30 una delle dottoresse di turno mi chiese se avevo parlato con il gastroenterologo. Rispondo che eravamo d'accordo sulla dimissione con cannula e successivi day hospital per terapia endovenosa. Mi rispose che lo doveva chiamare per farsi dare indicazioni telefonicamente.
  Alla fine il cane mi viene dimesso senza cannula, con terapia orale che il gastroenterologo dettò alla dottoressa  per telefono, asserendo che il cane mangiava.  
Alla mia domanda: "Cos'ha mangiato qui da voi? Così lo compro anch'io per casa"  la dottoressa  di turno mi rispose che non lo sapeva, lo avrebbe dovuto chiedere all'infermiera che si occupa dei cani ricoverati. Poi però mi presentò una scatoletta di Gastrointestinal (sì, proprio quello criticato...) dicendomi che era stata aperta proprio per il mio cane e  la potevo tenere.

  Quando un paziente esce da una clinica per noi umani viene redatta necessariamente la lettera di dimissioni con un riassunto dell’iter diagnostico e terapeutico e la terapia domiciliare.  In campo veterinario non è così come ho constatato...

  Men che meno vi è l’obbligo di  una cartella clinica dalla quale si evinca, nero su bianco, farmaci somministrati, dosi, orari e vie di somministrazione. Non esiste obbligo di un diario assistenziale dal quale si evincano gli eventi che si sono susseguiti durante il ricovero, nel quale – ad esempio per Leonardo - siano registrati il numero delle  evacuazioni, la loro consistenza, il cibo offerto al cane, se lo mangiava e quanto ne mangiava, lo stato d'animo del cane, se la sua sbandierata agitazione era dovuta al bisogno di urinare... Mi fu consegnata solo una fattura nella quale c'è scritto: esami ematici, ricovero, terapia ed ecografia del cane… Mi venne consegnata anche la stampa in bianco e nero dell'ecografia con le immagini incomprensibili, per fortuna c'era il referto scritto. Niente dischetto.
Adesso ho scoperto qui che c’è quanto meno, a livello di Codice deontologico, l’obbligo di rilascio di una relazione clinica, ma solo su richiesta; a questo punto la richiederò per vedere cosa verrà scritto.

basta con la clinica!

  Portai il cane a casa  e già da quella sera girava la faccia alla vista del cibo; voleva solo stare sul divano e sul letto. Pensai allo stress e alla stanchezza dovuti al ricovero. Lasciai il cibo nella ciotola, ma niente, non lo  toccò.
  Il giorno dopo, 28 Novembre, alle 12 ancora non mangiava. Allora decisi di dire basta con questa rinomata clinica e di telefonare al suo vecchio e bravo veterinario, il dottor Buonmedico, che, pur essendo fuori servizio a rilassarsi a casa sua, non mi voltò le spalle: dopo avergli spiegato tutto contattò il rivenditore di farmaci veterinari per farmi consegnare farmaci da fare per via sottocutanea e  poi le dettò gli estremi della ricetta telematica. Il Lunedì 29 Novembre lo portai da lui anche se quel giorno visitava lontano e quindi presi un taxi.   

  Il Dottor Buonmedico pesò Leonardo: il cane pesava 15 kg quando ebbe la zoppia prima del lockdown, lo feci scendere a 14 kg per farlo camminare meglio. Adesso ne pesava 10! Cioè in tutti questi mesi mi è stato pesato e mi è sempre stato detto che pesava circa 12 kg e qualche volta anche 12 kg e 300, e 200! Adesso constatavo che non era una mia impressione! Il cane era effettivamente dimagrito più di quanto mi dicessero alla clinica. Iniziammo subito la terapia sottocutanea invece che orale.

  Il Dottor Buonmedico  ha aggiustato la terapia per Leonardo,  ha dato consigli alimentari, mi ha confortato, mi ha esortato, mi ha ascoltato. Così a seguito della terapia, il cane un po' mangiava, un po' no. La diarrea si era fermata , grazie al cortisone assunto regolarmente perché somministrato per via sottocutanea, e questo mi faceva ben sperare.  

una terapia intensa

  Purtroppo tra il giorno 2 e  il giorno 3 Dicembre il cane è stato 24 ore senza mangiare e anche senza bere, ho telefonato al dotto Buonmedico, che mi ha proposto di portarlo in uno degli ambulatori dove si appoggiava, per fargli altre indagini e soprattutto la terapia endovenosa che sarebbe stata molto più efficace sia di quella orale, sia di quella sottocutanea. In quell'ambulatorio ho trovato professionalità, e soprattutto la vera empatia nelle persone dei due titolari e delle  loro collaboratrici. Sono andata con il taxi per portare il cane e riprendere il cane per quasi tutto il mese di Dicembre. Gli hanno rifatto le analisi, rifatto l'ecografia che risultò proprio un disastro, lo hanno valutato insieme al dottor Buonmedico, gli hanno impostato una diversa terapia cortisonica, il Clexane perché aveva superato il limite massimo di  piastrine e rischiava un ictus o un infarto (peraltro anche dagli esami della clinica rinomata si evinceva un alto numero di piastrine, ma non fu mai iniziata terapia antiaggregante).
  Gli hanno anche iniziato la terapia con la Cannabis terapeutica che loro usano da anni per varie patologie degli animali, soprattutto contro il dolore di cui, mi rendo conto e ne soffro, Leonardo avrà ampiamente patito durante tutti quei mesi, senza mai emettere un lamento e sopportando accucciandosi vicino a me o a mia madre. Hanno fatto di tutto, in quell’ambulatorio, per fare in modo che ricominciasse a mangiare.  



il triste epilogo

  Purtroppo tutto questo non è servito, dovevo dargli cibo e acqua gettandoglielo nella gola con una piccola siringa e serrandogli il muso per farglieli ingoiare perché non gli interessava più vivere.   Ormai lo portavo in braccio a casa di mia madre quando dovevo lavorare e trascorreva il giorno sul letto, sul divano o attaccato ai piedi di mia madre o miei quando ci muovevamo, perché non voleva stare solo. Sentiva che stava arrivando la sua ora.  
  Non ho potuto continuare a guardare quel mucchietto di ossa che dormiva sul mio ventre per sentire battere il mio cuore perché non vedeva quasi più e non sentiva quasi più.
  Non ho più potuto guardare l'umiliazione dei suoi occhi, che un tempo erano fieri, quando gli facevo fare la pipì sul telino sul letto perché non riusciva neppure più a camminare sostenuto da una fascia addominale.
  Sabato 19 ha fatto la sua ultima passeggiata, sostenuto a stento dalla fascia addominale, ha annusato l'erba intorno agli alberi e gli odori degli altri cani.  
 Lunedì 21 avevamo appuntamento per il solito day hospital per terapia endovenosa e fluidoterapia reidratante, ma quando arrivai dissi al titolare che Leonardo non ne poteva più, voleva andare a dormire sulla nuvola soffice dove riposa mio padre, che Leonardo ha tanto amato fino alla sua morte, ma da solo non ce la faceva, non riusciva a vederla, quella nuvola soffice. Così lo abbiamo accompagnato sul ponte dell'arcobaleno e adesso le sue ceneri si trovano in un'urna a casa mia perché gli avevo sempre detto che sarebbe stato sempre accanto a me.  
  I miei più sentiti e sinceri ringraziamenti al dott. Buonmedico il quale, anche se lo avevamo lasciato un anno prima, non si è voltato dall'altro lato, ai medici dell'ambulatorio per essersi presi amorevolmente cura del mio cane, alle collaboratrici tecniche di supporto dell'ambulatorio per la loro cordialità (cor-dià-le = che viene dal cuore) e la loro empatia e professionalità.
  Al dirigente sanitario della clinica rinomata auguro invece cosa dire? Spero che trovi collaboratori con un po’ più di sensibilità. Peraltro non si sono mai fatti sentire, da quando mi hanno dimesso il cane, per sapere come mai non mi sono più fatta vedere, per sapere se il cane è vivo o morto.  Si sono, probabilmente, sentiti sollevati dall’essersi liberati di una rogna.
  In memoria del mio cane Leonardo,  nella speranza che un giorno una normativa sulla tracciabilità del’operato dei veterinari permetta di stabilire per legge e con precisione ciò che viene fatto e somministrato (o non viene né fatto, né somministrato) ai familiari a quattro zampe che vivono con noi  quando ricorriamo alle cure veterinarie così come avviene per noi quando dobbiamo ricorrere alle cure mediche.



conclusioni

  Cosa insegna questa storia raccontataci da Solaria? Purtroppo che non è assolutamente detto che una clinica sia più valida di un ambulatorio veterinario, perché il direttore sanitario può essere  anche molto bravo, ma raramente è lui a seguire direttamente l'ammalato.
  Lo stesso avviene anche nei grandi e rinomati studi di commercialisti od avvocati, spesso si finisce in mano a collaboratori le cui conoscenze professionali sono per forza di cose assai meno qualificate.

  Ricordate quindi di cercare di tenere sempre i contatti con il veterinario che siete costretti a cambiare per cause di forza maggiore, affinché la sua professionalità maturata in anni di esperienza diretta sul vostro familiare a quattro zampe possa esservi di aiuto.

E soprattutto questa storia evienzia la necessità di applicazione anche in campo veterinario di quanto esiste in campo umano: obbligo di cartella clinica ed eventualmente di diario assistenziale e lettera di dimissioni. In altri termini, obbligo per legge di tracciabilità dell'operato del veterinario!  
LEONARDO E' MORTO,
MA VIVRA’ ANCORA
OGNI VOLTA CHE QUALCUNO
LEGGENDO LA SUA STORIA
POTRA’ EVITARE CHE ACCADA ANCORA
E SE LA SUA SOFFERENZA
CONTRIBUIRA’ AD OTTENERE
PER LEGGE
UN VERO CONSENSO INFORMATO
E UNA VERA CARTELLA CLINICA
ANCHE PER I NOSTRI
FAMILIARI NON UMANI.

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