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LA STORIA DI NINA

iniziative > malasanitavet


NINA, ESEMPIO DI
SUPERFICIALITA' E NEGLIGENZA

La sua storia ci è raccontata (e ben documentata) da Flavia. I nomi dei veterinari sono come sempre di fantasia.

  Nina era una maltese di quasi 7 anni, piena di vita ed in buona salute, a parte un piccolo soffio al cuore, tenuto sotto controllo con ecocardio semestrali, ancora non bisognosa di cure farmacologiche.
  A fine 2024 decidiamo di fare la detartrasi perché i suoi denti erano pieni di tartaro.
  Il veterinario cardiologo ritiene fattibile  l'operazione e anche quelli del nostro ambulatorio di fiducia, il dottor Superficialoni e la dottoressa Hoaltrodafare; dicono solo che ci sarà bisogno di maggiore accortezza. Mi fido, perché hanno seguito da sempre Nina, e gli porto Nina il 26 novembre 2024 alle 10.20.
  Giorni prima avevo chiesto loro quanto sarebbe durato l'intervento, mi avevano risposto che alle 13 (quindi dopo circa 2 ore e 40) sarei potuta andare a riprenderla.
  Porto quindi Nina e già circa alle 11 e 40  mi chiamano dicendo che posso andare a riprenderla; è passata solo un'ora e venti da quando ero entrata in ambulatorio.



tutta colpa della mia ansia?

  Nina mi viene restituita vigile, anche se stordita.
  Mi chiedo tra me e me come mai non l'abbiamo tenuta in osservazione per un po', vista l'insistenza con cui mi continuano a ripetere che è un cane cardiopatico. Comunque mi fido di nuovo e la porto a casa. Nina vomita e ha un episodio di diarrea. Poi chiede acqua e ne beve un sorso.
  Sono le 15.38 e invio un messaggio vocale alla dottoressa Hoaltrodafare; nel messaggio riepilogo la situazione e aggiungo che vedo una tensione nell'addome del cane; segnalo anche un leggero affanno e chiedo se non sia il caso di somministrare qualcosa per il dolore.
  La dottoressa risponde che no, non è necessario perché avevano già provveduto loro.
  Passa un'ora, ma l'affanno di Nina non migliora, anzi! Decido allora di mandare un primo video alla dottoressa Hoaltrodafare, chiedendole se è normale; una ventina di minuti dopo mi risponde di provare a toglierle il collare elisabettiano; lo faccio così ma non cambia niente. Nina ha ancora l'affanno. Alle 17.30 mando un altro video e le dico che secondo me c'è qualcosa che non va.
  Una decina di minuti dopo la avviso che mi sto dirigendo in ambulatorio; lei risponde di andare e che in studio avrei trovato il suo collega dottor Superficialoni, direttore della struttura, per un controllo cardiaco. Porto il cane da loro, il direttore la ausculta, la mette a terra, la guarda camminare e conclude che il cane non ha nulla; secondo lui ha solo ansia dovuta al fatto  che io sono in uno stato di preoccupazione e gliela trasmetto.



grave edema, altro che ansia "teletrasmessa"

  Le somministra un antidolorifico (Onsior, soluzione iniettabile per cani e gatti alla dose terapeutica) e mi dice che posso stare tranquilla e riportarla a casa. Aggiunge che, se nelle ore successive la situazione non fosse migliorata, avrei potuto rivolgermi al pronto soccorso della clinica veterinaria Benvenutiquì, dove magari le avrebbero potuto fare un po' di metadone in quanto, secondo lui, sente tanto dolore e non sa gestirlo essendo un po' "ceciona", come si dice qui a Roma (viziata ndr).
  Sono le 18.30 circa.
  Riporto Nina a casa, continua ad avere l'affanno, mi sembra anche che, dopo l'antidolorifico, sia peggiorata. La osservo,  è sofferente; decidiamo allora di correre al pronto soccorso. Nina entra in pronto soccorso dopo 5 minuti di tragitto in macchina, durante il quale perde i sensi per poi tornare appena cosciente poco prima dell'ingresso in clinica.
  Il dottore che ci accoglie si accorge subito della gravità della situazione già guardandole le gengive che sono blu; mi dice che il cane è in fin di vita a causa di un edema polmonare, che viene confermato dalle radiografie.    



l'epilogo tragico

 Provano a salvarla, ma la situazione è disperata. Ci fa capire che non ci sono molti margini di manovra, ma ci prova.
 Mentre siamo lì ha due arresti cardiaci, ma riescono a rianimarla. somministrandole adrenalina e la stabilizzano il tanto che basta per poterla mettere in terapia intensiva con diuretici, per tentare di contrastare l'edema polmonare.
  Ci mandano a casa. Alle 23,30 Nina muore per un nuovo arresto cardiaco.
  Spero che questo riassunto dettagliato di quella orribile giornata sia sufficiente a far capire cosa è successo e quanta superficialità e negligenza ci sia stata da parte dei nostri due veterinari “di fiducia”, nel valutare una situazione che doveva essere palese ai loro occhi esperti ed invece non è stata riconosciuta o, peggio, sottovalutata, portando il mio cane alla morte, oltretutto soffrendo per più di 5 ore.

ma  quali danni? Paga il saldo piuttosto!

  Flavia non accetta di subire passivamente quanto accaduto; penalmente non può far nulla, perché la legge in vigore non punisce neanche i casi di colpa grave; però non può accettare che questi due veterinari la passino liscia e si rivolge a un legale, che chiede alla clinica un risarcimento per il danno patito. E' vero che paga l'assicurazione, ma più paga e più l'assicurazione tenderà ad aumentare il premio in futuro (non c'è il bonus malus come per le auto, ma le assicurazioni non sono enti di beneficenza e fanno pagare di più o addirittura scaricano gli assicurati poco affidabili)
  La clinica risponde tramite il suo avvocato che "la detartrasi non è un'operazione di routine in quanto, per un verso, prevede l'anestesia totale dell'animale e, per altro verso, coinvolge una zona ad alto contenuto batterico. Ciò vale soprattutto nei casi, come quello di specie, dove il cane è affetto da patologie cardiache che rendono più alto il rischio di tale operazione.  
  Inoltre, il cane Nina necessitava altresì della rimozione di un lipoma sottocutaneo in zona addominale.
  Tanto chiarito, l'operazione di detartasi sul cane Nina, eseguita la mattina del 26.11.2024 unitamente alla rimozione del lipoma, è perfettamente riuscita, avendo i medici veterinari prestato le dovute attenzioni alla peculiarità del caso. Ciò è tanto vero che Nina si risvegliava con parametri vitali nella norma e veniva portata a casa dalla sua padrona."
  Quindi l'operazione era "perfettamente riuscita" visto che la paziente era stata riportata a casa con i parametri nella norma.



  Poi Flavia aveva dato acqua a Nina nel pomeriggio mentre le era stato vietato di alimentarla ed abbeverarla fino a sera (vergogna, vergogna, questi clienti disobbedienti!).
  Infine "la particolare situazione cardiologica del cane Nina e la rapidità dell'evoluzione delle problematiche sviluppatesi nella fase successiva all'operazione fanno emergere, già allo stato, l'assenza di responsabilità in capo all'Associazione Veterinaria."
  L'avvocato ingiunge pertanto di non chiedere alcun risarcimento, considerato richiesta "temeraria" e, dulcis in fundo, di pagare 100 euro a saldo delle prestazioni non ancora pagate.
  Flavia non si scoraggia e non si arrende (brava, ha tutto il nostro apprezzamento) e decide di fare la cosa giusta, cioè di rivolgersi ad un perito.
  Avendo documentato per bene quanto accaduto, con registrazioni, whatsapp, relazione clinica della strutura che ha operato e del pronto soccorso, fatture, testimonianza della sorella ecc,  il perito può rilasciare un parere dettagliato. E scopriamo che...



operazione perfettamente riuscita?
MA VA LÀ, VA LÀ, VA LÀ...
     
... come diceva Totò: le cose infatti stanno ben diversamente.

  Il perito attesta anzitutto che il dottor Superficialoni avrebbe dovuto ripetere gli esami cardiologici eseguiti due mesi prima dal collega oppure far eseguire la procedura anestesiologia da un collega specializzato.
  A questo aggiungiamo l'aver dimesso Nina dopo solo un'ora e mezza e con i postumi dell'anestesia in corso, anziché sei/otto ore come doveroso per un soggetto dichiarato "a rischio anestesiologico medio/alto".
  Non solo, il dottor Superficialoni viene censurato anche per l'inosservanza dei "dettati civilistici e deontologici che riguardano la formulazione dei consensi informati" (Legge Gelli-Bianco n. 24/2017, e Linee di indirizzo professionali 2019 della FNOVI che ne sono derivate)
  Proseguiamo:
  il perito aggiunge l'inerzia diagnostica per non aver approfondito le indagini cliniche necessarie nel corso della visita urgente richiestagli da Flavia e da lui condotta alle 18:10. Visita rimasta senza traccia (in cartella clinica/referto/fattura di pagamento), né la menziona sulla sua relazione (complimenti!).



  Grave negligenza ed imperizia infine per non aver saputo riconoscere l'edema polmonare, che due sole ore dopo viene definito già grave dal medico del Pronto Soccorso.
  Ciliegina finale: il dottor Superficialoni scrive alla sorella di Flavia un messaggio WhatsApp in cui dice che Nina "è cardiopatica, purtroppo come sapevamo l'anestesia può causare scompensi". Per il perito questa consapevolezza non fa altro che evidenziare la sua imprudenza professionale sia al momento dell'operazione sia in occasione della visita urgente.
  Il classico amaro caso dell'operazione perfettamente riuscita, con il paziente che però è morto poco dopo la stessa. Ma non per fatalità, come appare da quanto scritto sopra.
  Anche la dottoressa Hoaltrodafare dimostra negligenza: avrebbe dovuto infatti avvisare il dottor Superficialoni della difficoltà respiratoria di Nina appena visti i due filmati inviati da Flavia. La sorella di Flavia possiede infatti una registrazione in cui la dottoressa ammette candidamente di non averli esaminati attentamente perché presa  da altri impegni. Aveva appunto altro da fare...



conclusioni del perito
 
  Manca un referto di autopsia, ma non il nesso causale fra gli interventi in anestesia generale ed il decesso della paziente: Nina è entrata in Ambulatorio (omissis) alle 10,30 del giorno 26/11/24 e ne esce alle 11,45 (troppo presto). Alle 18,10 viene riportata alla visita del dott. (omissis) ed esce alle 19,10 senza una diagnosi di edema polmonare. Alle 20,15 dello stesso giorno entra in PS alla Clinica (omissis) dove muore per “grave edema polmonare” alle 23,30. Se la diagnosi fosse stata posta per tempo la paziente poteva acquisire possibilità di sopravvivenza.
Chiaro no?



una causa importante

 A questo punto decide di cominciare il percorso giudiziario. Il primo passo previsto dalla legge è quello del tentativo di conciliazione.
L'assicurazione vede che la situazione è ben diversa da quanto raccontato dal duo Superficialoni-Hoaltrodafare e decide di offrire un risarcimento.
  A Flavia però non interessano i soldi, bensì che ci sia il riconoscimento del grave errore commesso. Vuole quindi una sentenza da cui emerga anche il danno morale che ha dovuto subire lei e soprattutto la figlia che era praticamente nata e cresciuta con Nina. Con la morte così assurda di Nina, Flavia e la figlia hanno visto scomparire improvvisamente  un componente importante della loro famiglia e per questo Flavia intende far sì che sia un giudice a riconoscere la colpa così bene spiegata dal perito e spudoratamente negata dai due veterinari.

TRE INSEGNAMENTI

Cosa ci insegna questa vicenda?

1 - i due veterinari hanno seguito Nina da quando è entrata nella famiglia di Flavia ed erano quindi diventati i suoi professionisti di fiducia. Questo dimostra che anche i veterinari considerati più affidabili possono trasformarsi quando sbagliano, comportandosi in modo  inqualificabile.

2 - L'autopsia in questo caso non è stata necessaria per dimostrare la negligenza. Certo è molto utile, perché permette di fornire degli elementi oggettivi importanti, però non bisogna scoraggiarsi e rinunciare a chiedere giustizia. In certi casi, come questo, la malasanità veterinaria può emergere ugualmente grazie alla dettagliata documentazione dell'accaduto.

3 - è importante seguire i consigli che trovate nel nostro Manuale di prevenzione e difesa dalla malasanità veterinaria, (scarica gratuitamente qui la versione per cellulare e quella per computer) perché Flavia ha potuto attivarsi grazie alla documentazione che ha a mano a mano raccolto (referti, cartella clinica, messaggi registrati, testimonianze).



PER CONCLUDERE

  Un ringraziamento grandissimo a Flavia per la forza con cui ha affrontato il rivivere tutta questa triste vicenda con il suo racconto e perché, con la sua determinazione a portare in giudizio civile i veterinari e far riconoscere la loro negligenza, contribuisce a creare la giurisprudenza necessaria per combattere la malasanità veterinaria.
Potete fare qualcosa anche voi?  Certo, condividete questa vicenda sui vostri profili social. Nina potrà così continuare a vivere nel ricordo e allertare altri dai pericoli della malasanità veterinaria.
  Ricordiamoci che il silenzio è il miglior alleato della malasanità veterinaria.

 

 
ciao Nina
non sarai morta invano
la tua storia salverà
altri familiari non umani
ne siamo certi




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